Intervista a Ivan Claudi (Marzo 2009)
“Possiamo vedere da vicino come vive una famiglia di giostrai?”
“Si certo. Domani sera vi ospito nella mia carovana”
E così, quella che doveva essere una normale intervista per cercare di capire il mondo di chi è sempre in viaggio, si è trasformata in una serara “fra amici”, conclusasi con la visione del filmini delle vacanze. Ivan Claudi, “vecchio saggio” dei giostrai “aronesi”, ha aperto le porte della sua roulotte e della sua vita.
Da decenni, ormai, il luna park fa tappa ad Arona per il Tredicino: giostre in piazzale Aldo Moro, camion e “case viaggianti” in Corso Europa.
Non si tratta di normali roulotte, nè osservandole dall’esterno nè, tantomeno, entrandoci. Grandi spazi, moderne, pulite e ben ordinate.
Peccato per il pantano del pratone in cui sono costretti a stare.
Giostrai: extracomunitari, stranieri o italiani?
“Siamo 46 famiglie, tutte italiane” racconta Ivan Claudi, papà del Brucomela
La roulotte di Ivan e di sua moglie Patrizia si affaccia sul lago, una scaletta con dei graziosi fiori, accoglie i visitatori. Dentro la cucina, il salotto, bagno e camera. Accanto, una piccola roulotte per il figlio venticinquenne Umberto.
Ci raggiungono anche Mauro, fratello di Ivan e Marinella, la cognata e proprietaria del tiro a segno posto nella prima biforcazione del Tredicino sulla destra.
“Grazie alle giostre, nelle nostre settimane di permanza, la città si riempie ancora di più. Portiamo un grosso incremento di visite e di questo ne beneficiano tutti. Invece l’arrivo dei giostrai viene spesso associato ad un aumento della delinquenza nella zona.
Abbiamo troppo da lavorare per compiere atti malavitosi, sappiamo che quando arriviamo la gente se ne approfitta tanto le colpe ricadono su di noi”
Sentendoli parlare dei vari spostamenti, la domanda nasce spontanea: ma non avete mai avuta una casa senza ruote? e, se no, non avete mai desiderato cambiare vita?
“Tutti abbiamo sempre e solo fatto questo lavoro. Mio nonno aveva il carretto e i cavalli. Veniamo ad Arona dai primi anni ’50, prima avevamo il calcinculo, poi gli autoscontri e ora il Brucomela.
Dopo due settimane che sono fermo in una città, voglio già cambiare. Questo è il nostro modo di vivere”
E se i vostri figli volessero cambiarlo, il modo di vivere?
“Non è mai successo. Nè noi all’epoca, nè nessuno dei nostri ragazzi ha espresso la volontà di cambiare lavoro. E’ troppo bello questo, si sta in giro, a contatto con la gente, si ascolta musica, ci si diverte.. è come una grande discoteca a cielo aperto sempre, tutti i giorni. Come può non affascinare un giovane?”
Ma se questo giovane dovesse invece restare affascinato da una ragazza che abita in uno dei luoghi che voi frequentate di solito?
“Mia mamma – spiega Marinella – viveva in un paese, si è innamorata di mio papà che faceva il giostraio e l’ha seguito in giro per l’Italia. Così funziona, ci sono nuovi “ingressi” ma mai “uscite”
Una punta di amarezza sul finale della serata:
“Ad amare le giostre sono solo i bambini che quando crescono se ne dimenticano e iniziano a lamentarsi per l’assenza dei parcheggi. Se poi diventano politici, le odiano”
Il piacevole incontro si è concluso sul divano di “casa” Claudi, con un caffè e i filmini delle vacanze di questa “società” nella società, quale è la tribù dei giostrai
Diletta Pirino
Marzo 2009